sabato 21 maggio 2011

Nicola Conte: 'Voglio portare il colore dei Sixties nel grigiore di oggi'

'Love & revolution', amore e rivoluzione. Come in una poesia militante di Amiri Baraka, in un disco jazz di Max Roach o Pharoah Sanders, in una canzone di Nina Simone o dei Jefferson Airplane. Nicola Conte ha intitolato così il suo nuovo album in circolazione da qualche giorno (il primo per la storica etichetta Impulse!, dopo avere pubblicato anche per Blue Note): in omaggio a un vibrante spirito Sixties evidente negli espliciti richiami a una stagione magica del jazz, della canzone d'autore americana e della soul music.  'Mi sono ispirato soprattutto al jazz più nero di quel periodo', racconta. 'Però in qualche modo c'entra anche il rock: Bob Dylan è stato un riferimento importante soprattutto per i testi, dei Byrds in un primo momento avevo pensato di riprendere ?Eight miles high'. A quell'epoca la musica non conosceva distinzioni di generi, era un sistema di vasi comunicanti: Roger McGuinn e David Crosby  ascoltavano John Coltrane; e il chitarrista ungherese Gabor Szabo, che incideva per la Impulse!, registrava ?White rabbit' dei Jefferson Airplane. Nel disco ho incluso una versione di ?Scarborough fair' di Simon & Garfunkel e molto ho attinto anche al soul socialmente consapevole di  Curtis Mayfield, di Donny Hathaway e del Marvin Gaye di ?What's going on': gente che sapeva affrontare tematiche scottanti elevandole a una dimensione  molto poetica e spirituale'.  Ma oltre alla cultura afroamericana e alla California psichedelica, 'Love & revolution' evoca tanti altri mondi: l'Africa nera, l'India, il Medio Oriente, rielaborati secondo con uno stile smooth e accattivante. 'E con un tratto sempre un po' surrealista. Non c'è musica etnica  come la intendiamo oggi, piuttosto il riferimento a un mondo immaginario. Quando compongo un brano come ?Shiva',  una sorta di mia visione psichedelica della divinità hindu, faccio un'operazione di pura fantasia'. L'Italia? 'C'entra anche lei. Penso a un libro come ?Fratelli d'Italia' di Alberto Arbasino o all'opera di Pierpaolo Pasolini, di cui sento molto la mancanza: la voce autentica di una cultura alta, di una controcultura che non esiste più.'. E dunque 'Love & revolution' è un disco 'politico'' 'Sì, nel senso più autentico del termine. Affronta il tema del rapporto tra individuo e collettività, in un momento storico in cui i cittadini sono ridotti a meri consumatori: una logica che rifiuto. Credo che oggi parlare di spiritualità, di ideali, di amore universale e di rivoluzione culturale significhi fare avanguardia, porsi un passo avanti rispetto alla nostra esperienza quotidiana. Con questa musica cerco di suggerire che può esistere una dimensione più alta, rispetto al mero materialismo. Che ci sono altri orizzonti. E che tra  individui, religioni e culture diverse può esistere integrazione e non solo conflitto'. 

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